Riportiamo qui di seguito l'interessante articolo curato da Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, e pubblicato su Huffpost, sul tema della gestione dei rifiuti a Roma.
Venticinque anni dopo la riforma dei rifiuti, speravo che un certo tipo di dibattito sugli inceneritori fosse ormai superato.
Seguendo sui giornali la discussione, accesa dalla proposta di costruire un inceneritore in provincia di Roma, sono rimasto deluso: siamo tornati all’inceneritore come soluzione avanzata e unica del problema della gestione dei rifiuti, contrapposta all’incenerimento considerato male assoluto, comunque inutile e sempre dannoso.
Nella gestione dei rifiuti urbani si applica, ormai da anni in tutta l’Europa,
la cosiddetta “gerarchia”, oggi rafforzata dagli indirizzi dell’economia circolare. Per ragioni ambientali, di efficacia e di economicità occorre puntare a produrre meno rifiuti, prendendo sul serio la prevenzione.
Una volta che il rifiuto è prodotto, va gestito come risorsa e quindi riciclato al massimo possibile, raccogliendolo, per consentire il riciclo, in maniera differenziata. Le raccolte differenziate e le attività di riciclo generano degli scarti non riciclati da smaltire. I rifiuti conferiti in maniera non differenziata – che comunque esistono perché il 100% di raccolta differenziata non si fa da nessuna parte – possono essere sottoposti a trattamenti meccanici e/o meccanici e biologici che consentono un parziale recupero di materiali, ma comunque generano quantità di rifiuto da incenerire o da smaltire in altro modo.
Morale: anche la gestione più ecologica di rifiuti urbani genera, in tutti casi noti e in tutti i comuni, una quota residuale di rifiuti da smaltire. Siccome la strategia europea punta a minimizzare lo smaltimento in discarica e siccome questa quota residua di rifiuti ha un certo potere calorico, per smaltirla si utilizzano, in genere in Europa, termovalorizzatori che, se realizzati con adeguate tecnologie, ben gestititi e alimentati con rifiuti preselezionati e pretrattati, hanno complessivamente impatti ambientali inferiori alle discariche. Le ceneri pesanti e le scorie prodotte dagli inceneritori oggi vengono recuperate con altri impianti dedicati, tagliando drasticamente il ricorso alle discariche.
Ci sono anche altre tecnologie per il trattamento dei rifiuti non riciclati. La produzione di CDR (combustibile da rifiuto), oggi CSS (combustibile solido secondario) ha in Italia uno sbocco molto limitato in pochissimi impianti non dedicati (cementifici e centrali). La pirolisi – che consiste nella decomposizione di un rifiuto mediante trattamento termico – o altre modalità chiamate di “riciclo chimico“ con le quali si decompongono rifiuti attraverso calore, agenti chimici o catalizzatori, sono ancora poco impiegate, in genere sono limitate a specifiche tipologie di rifiuti, alcune sono ancora sperimentali e abbastanza costose.
La gestione dei rifiuti a Roma è in una seria crisi, per una serie di problemi che vanno risolti con un piano di misure che affrontino tutti i principali problemi, non con scorciatoie.
Cominciando con la
raccolta e lo spazzamento stradale. Troppo spesso ci sono rifiuti per terra fuori dai cassonetti e strade e marciapiedi in molte zone sono sporche perché lo spazzamento stradale è fatto male.
Il costo per abitante all’anno (dati 2020 fonte
ISPRA – Rapporto Rifiuti urbani) del servizio di igiene urbana
a Roma è di 257,1 euro, a Milano 201. Come mai con questa qualità il servizio di igiene urbana a Roma costa per abitante il 28% in più che a Milano?
Pianificando e attuando reali misure per ridurre la produzione di rifiuti urbani. Nel 2021 la produzione di rifiuti urbani, dopo la flessione generata dalla pandemia, è aumentata anche a Roma. Il primo indicatore dell’economia circolare – richiamato da programmi e direttive europee, ripreso dalla legislazione nazionale – è la riduzione della produzione di rifiuti. Per ridurre i rifiuti sono state individuate misure precise: per la riduzione degli sprechi alimentari e la gestione dei cibi scaduti, per promuovere il riutilizzo, per limitare l’uso delle plastiche monouso, per promuovere prodotti di più lunga durata e riparabili, per la diffusione di buone pratiche di consumo. Ignorare sostanzialmente queste misure strategiche di prevenzione non è più accettabile.
Attuando misure per aumentare in modo consistente quantità e qualità delle raccolte differenziate. La raccolta differenziata a Roma è solo al 43%, a Milano è al 62,7%. Questo è un vero problema: visto che in Italia il 64% dei Comuni italiani fa ormai una raccolta differenziata superiore al 65% e visto che dal 2025 scatta l’obiettivo europeo obbligatorio del 55% di riciclo dei rifiuti urbani (al 60% al 2030 e al 65% al 2035). Siccome c’è uno scarto medio del 14% dalle raccolte differenziate, per arrivare al riciclo del 55%, occorre una raccolta differenziata almeno al 62%: quasi 20 punti percentuali in più dell’attuale livello di Roma. Che vogliono fare il Comune e l’AMA per recuperare questo grave ritardo?
Fare un salto di qualità negli impianti per il riciclo del rifiuto organico. Più della metà del rifiuto umido raccolto nel Lazio va ad impianti fuori Regione. Il Lazio nel 2020 ha prodotto solo 1,1 milioni di metri cubi di biometano da rifiuto organico; la Lombardia, con meno del doppio dell’organico raccolto, ha prodotto 51,6 milioni di metri cubi di biometano. Per aumentare la raccolta differenziata a Roma deve aumentare la raccolta dell’organico. La priorità impiantistica per la gestione dei rifiuti nella provincia di Roma è quella di realizzare con urgenza impianti per il riciclo della frazione organica: non qualunque come si è fatto finora con pochi e inadeguati impianti, ma con impianti industrialmente consistenti e di adeguata tecnologia, con trattamento anaerobico e aerobico, con produzione di biometano, compost di qualità e recupero della CO2.
Roma ha anche un rilevante problema di smaltimento dei rifiuti non riciclati. Nel 2020 nel Lazio sono stati smaltite in discarica 432 mila tonnellate di rifiuti urbani,78 mila tonnellate sono state smaltite fuori regione e 36 mila tonnellate (soprattutto come CSS) all’estero.
Le due discariche della provincia (Colleferro e Civitavecchia) sono ormai quasi piene e le altre tre discariche della Regione (Roccasecca, Civita Castellana e Viterbo) sono piccole e con capacità molto ridotta. Entro il 2035 anche per Roma vale il target europeo di abbattimento dei rifiuti da smaltire in discarica non oltre il 10%: oggi siamo almeno al 18 % nel Lazio e a Roma certamente con una percentuale maggiore. Anche aumentando la raccolta differenziata per raggiungere i nuovi target europei, fra impurità delle raccolte differenziate, scarti del riciclo, rifiuti prodotti dal trattamento dei rifiuti indifferenziati negli impianti di trattamento meccanico e meccanico biologico, rimane una quantità residuale di rifiuti da smaltire, ogni anno, piuttosto consistente. Non credo che sia buona cosa, dal punto di vista ambientale e dei costi pagati dai cittadini, mandare questa quota residua di rifiuti non riciclati fuori Regione o, peggio, all’estero.
Per smaltire questa quota residua dei rifiuti sarebbe utile un termovalorizzatore per la provincia di Roma: solo quello da 320 mila tonnellate di San Vittore, per tutto il Lazio, non è sufficiente. Si dovrebbe, nell’ambito di un piano aggiornato di misure e di analisi dei flussi dei rifiuti, con un orizzonte non solo di breve, ma almeno di medio termine, valutare bene la capacità di trattamento di questo nuovo impianto: la dimensione proposta -di un inceneritore con una capacità di 600 mila tonnellate di trattamento di rifiuti all’anno- senza una nuova e aggiornata proposta complessiva di gestione dei rifiuti della Provincia di Roma, non è sufficientemente motivata. Tale dimensione andrebbe valutata, ed eventualmente rivista, affrontando e analizzando tutti nodi veri della gestione dei rifiuti, evitando le scorciatoie che non porterebbero fuori dalla crisi della gestione dei rifiuti di Roma con soluzioni realmente avanzate e in linea con gli indirizzi europei.